sabato 7 gennaio 2012

IL FASCINO DI ALESSANDRO D'AVENIA




Alessandro D'Avenia sfoglia il suo libro, come un giovane studente, con l'aria da sognatore (chissà poi se è proprio lui il Sognatore del suo libro), guarda il pubblico e sorride a chi lo scruta con timidezza. Ascolta attento mentre si leggono alcuni passi del suo libro e poi, invece che applaudire se stesso, applaude il professore Gromi per l'eccellente lettura. Sono i docenti Balordi e Bruzzone ad introdurre l'incontro, mentre Bruzzone descrive gli adolescenti spesso disagiati, Alessandro ride.
“Bisogna cogliere il mondo intimo dei ragazzi” dice Bruzzone.
Mentre si leggono alcuni passi dell'indescrivibile romanzo “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, l'autore sorride, forse contento del suo libro e di quello che ha scritto.
Dopo le introduzioni, tocca a lui parlare. E per la prima volta vedo il suo volto e odo la sua voce...e silenziosamente mi innamoro del modo di fare degli scrittori, forse perché quel modo appartiene un po' anche a me. Una voce giovane, la sua, un giovane scrittore, quasi un ragazzino, il classico prof. Di cui ci si potrebbe innamorare, e anche facilmente. “La scuola è la relazione tra studenti, docenti e genitori” dice. Oltre ad un'immensa profondità, Alessandro si è mostrato simpatico, brillante, socievole, timido nel suo coraggio, serio nelle sue battute.
Alessandro non solo scrive, insegna Lettere e Latino ad un liceo a Milano, il che si è dimostrato l'avverarsi di un grande sogno. Scherza delle vicissitudini di ciò che capita a scuola, quando dopo un'interrogazione, uno studente gli chiede: “Prof, ma ce l'ho sotto o sopra?”, e via con le metafore megagalattiche. Il suo libro ha un anno e mezzo di vita ed è già stato tradotto in tantissime lingue, tant'è vero che lui stesso afferma: “Non ne posso più”.
“Il bello di scrivere un libro, è lasciarlo lì, non parlarne eccessivamente.”
“I problemi educativi nascono principalmente dalla perdita di memoria. L'importante per gli adolescenti non è essere amati, ma sentirsi amati. Cosa vale la pena conservare per gli adolescenti? La fame di senso”.
Dolci le parole, profondo il significato. Io non so a che “categoria” appartengo: se sono troppo vecchia d'animo per descrivermi adolescente o troppo giovane per qualificarmi già come un adulto. Sicuramente concordo con le parole di Alessandro, ma sono certa che anche le cose senza senso, hanno un senso. Come è anche possibile che nel nulla ci sia qualcosa, come è anche possibile che nella morte ci sia una rinascita. Io non ho principalmente fame di senso, io ho fame di vita.
“La prima volta che avete fatto l'amore con un libro è indimenticabile, quando restate svegli per finire di leggerlo, perché volete sapere come finisce. I giovani cercano un cuore intelligente. E bisogna andarli a prendere, questi cuori. Il bianco, che spesso è presente nel libro, è il colore della vertigine”. Anche io spesso faccio l'amore con i libri e la cosa mi piace molto. È un'emozione che fa capire la bellezza dei libri. Io me ne sono perdutamente innamorata e più provo a distaccarmi da questo mondo e più non ci riesco. Sono intrappolata con catene libere di scrivere e di leggere. Sono intrappolata in questo mondo che mi divora sempre più e a me piace “morire” in questo modo. Alessandro è sicuramente un anticonformista, soprattutto un insegnante anticonformista, che vuole taccuini ricchi di pensieri dei suoi alunni, vuole che si ascoltino canzoni, vuole spiegare la letteratura e il latino nel miglior modo possibile: trasmettendo la passione e l'amore per tali materie, che, se vengono trattate con troppa pesantezza, rischiano di essere odiate e di non essere amate come dovrebbero. E lo dice una, che in mezzo al mondo umanistico, non solo ci vivere, ma ci nuota, ci sguazza, ci dorme, ci sogna, ci...tutto!
“Il problema è che la generazione di oggi è già cinica a 15 anni. Una cosa che faccio spesso con i miei alunni: stare 10 minuti in silenzio. Questo li mette spesso di fronte a se stessi. Esplode il corpo perché esplode lo spirito”.
Eppure il suo romanzo è stato descritto “trasgressivo”: “In questo momento in Italia la vera trasgressione è parlare del dolore, di Dio e di un insegnante a cui piace da morire il suo lavoro!”
“Perché accade tutto questo? Purtroppo nessuno ha le risposte. Quando hai paura è perché la realtà ti sta dando del tu. Ed io ho provato ad andare a prendere gli adolescenti dove sono”.
“L'adolescenza è la seconda fase della vita.”
“Pensiamo al latino, libertà deriva dal latino liber e significa figlio. E cattivo deriva dal latino e significa prigioniero. Forse alcuni adolescenti sono cattivi perché nessuno piange per loro.”
Alessandro pone domande che lasciano riflettere non solo gli adulti: “Ma noi li sogniamo i ragazzi?”
“L'amore romantico è stato l'inganno - spesso i ragazzi pensano: “Odio i miei genitori ma voglio quello che hanno loro”.
Credo che sia stata una vera e propria lezione di pedagogia, forse intrisa di psicologia e letteratura.
Un mix di materie che combaciano perfettamente.
“Tra i Griffin e la Disney io preferisco la realtà. Io uso la libertà per sognare nel quotidiano. Quando andrò in Paradiso non mi chiederanno quante copie hai venduto, bensì mi chiederanno «Ale sei stato felice?» che è sinonimo di «Quanto hai amato?»”.
Sempre con il suo tono anticonformista afferma: “Per educare non bisognerebbe guardare il TG”.
Quando qualcuno gli ha chiesto se la letteratura serve a vivere meglio, lui si è perso a parlare, a parlare, parlare, parlava di Dante, di Leopardi, di Pavese, parlava di questi grandi poeti e scrittori come se fossero stati suoi amici d'infanzia, non recitava, era vero, come del resto saprebbe fare solo un insegnante che ama il suo mestiere. Alessandro ama amare ed essere amato e per lui l'amore è pelle d'oca. Conclude Triani l'incontro dicendo: “D'Avenia è una metafora viva della vitalità, prenderla sul serio è l'ordine simbolico, l'educazione ha bisogno della vicinanza”.
L'autore fa una piccola parentesi: “Gli adolescenti vogliono incontrare adulti che non hanno fame di vivere”. Ricordo anche una frase di Bruzzone: “Abbiamo bisogno di sognarci”.
Ecco, di questo abbiamo bisogno, e tutti, bambini, adolescenti, adulti, dobbiamo sognarci! E dobbiamo farlo subito, a letto, nei sogni, ad occhi aperti, per strada, in macchina. L'importante è sognare con i piedi per terra, l'importante è sognare una vita realizzabile e irrealizzabile contemporaneamente, solo così si potrà folleggiare mentre si vive.
Alessandro è davvero una persona speciale, capace di tenere incontri con ragazzi di tutte le età, capace soprattutto di affascinare, cosa che al giorno d'oggi non è così semplice, capace di dare un volto e un nome al mestiere da scrittore, purtroppo al giorno d'oggi non apprezzato e riconosciuto abbastanza. Anche un non appassionato di letteratura e lettura sarebbe rimasto affascinato, solamente dal modo con cui parlava, sicuro e curioso pure lui. Perché nella vita si impara sempre qualcosa, tutti i giorni. Ed oggi io ho imparato che alcuni sogni, anche se sono difficili, con la volontà, con l'impegno e con la dedizione, si possono raggiungere. Oggi ho imparato che nella vita bisogna sempre buttarsi, lanciarsi, prima o poi cadremo su un campo sicuro. Ho imparato che si può sognare anche a 50 anni, chi lo vieta?! Ho imparato che c'è ancora tanta dolcezza nascosta nelle parti più segrete del mondo, negli angoli più bui, nelle biblioteche, nelle università, nelle scuole, nelle librerie, nei bar di periferia. Oggi ho imparato che Alessandro è il Sognatore del romanzo, inguaribile romantico, un cavaliere dell'oggi, un principe del Medioevo. Se Alessandro non fosse nato negli anni '80, sarebbe nato in qualsiasi altra epoca, nel 1300 per conversare con Dante, nel 1800 per parlare con Leopardi, nel 1900 per confrontarsi con Pavese, che lui crede uno dei pochi che ha capito i giovani. Magari in Italia esistessero scrittori come lui, capaci di emozionare e di colpire anche la critica. Ogni lettore, anche il più inesperto, avrebbe bisogno di un comunicatore e di un sognatore come D'Avenia. Un “in bocca al lupo” alla sua vita, ma anche alla nostra! Sogniamoci, ne abbiamo bisogno.

Valentina Barbieri

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